domenica 11 maggio 2025

Kraven – Il cacciatore di J.C.Chandor


Sembra un risultato spurio del multiverso del MCU, con cui è imparentato, questo ultimo film legato al mondo dei nemici di Spiderman senza il protagonista, operazione di per sé già discutibile e che riesce, a ogni tentativo, a sprecare un ottimo materiale di partenza per costruire personaggi non del tutto negativi, ovvero supereroi che uccidono. Ma è un inconsapevole gioco di specchi deformanti che costruisce una trama parallela del film, con attori che provengono da altri ruoli e, letteralmente, da altri mondi, narrativi o meno, rivestiti degli abiti di un nuovo personaggio, in fondo intercambiabile. Così Aaron Taylor-Johnson, dopo essere stato il giovane Kick-Ass è diventato il non-mutante Quicksilver (per diritti non ancora acquisiti dalla Marvel), mutato artificialmente anche nel nome diventando il superveloce Pietro Maximoff degli Avengers. Russel Crowe, ormai figura paterna per eccellenza, sebbene non priva di difetti, dopo Jor-El, il genitore di Kal-El alias Superman (versione Snyder), è stato il lubrico e irascibile über-Dio Zeus in Thor: Love and Thunder. In questa selva di ricorrenze e sovrapposizioni, i due adesso sono padre e figlio, i cacciatori e mafiosi russi Kravinoff nonché nucleo emotivo e psicanalitico di un film tutto costruito sugli irrisolti traumi causati da un genitore manipolatore a una prole renitente al destino prescelto.

Da qui si sviluppa un banale film d’azione che rovina un personaggio composito e complesso come quello di Kraven, avversario ricorrente di Spiderman che, negli albi, vorrebbe catturare per includerlo nel suo zoo personale di conquiste animalesche e destinato a una fine perturbante, eroso dalla malattia in un ciclo di fumetti di notevole efficacia e forza. Non si può dire lo stesso del film che, dopo una partenza sostanzialmente interessante con un’esecuzione siberiana che ridefinisce il personaggio come sicario benevolo intento a eliminare pericolosi criminali, si riduce a ricucire i contorni del cacciatore come schiavo dei propri legami familiari, introducendo e sprecando altri noti antagonisti del Ragno: Rhino, subito sconfitto; il camaleonte, destinato a ulteriori sviluppi; lo straniero, dai poteri inspiegabili (e grosso vuoto di sceneggiatura.

Solo alla fine Kraven troverà il giubbotto dal collo di pelliccia (ma non le caratteristiche pantofoline da danza) che ricompone l’iconografia del personaggio e lo renderà (assieme ai baffi) graficamente un alter ego di Freddie Mercury, con molte implicazioni camp.

Il film, dopo un paio di belle scene d’azione, un movimentato inseguimento londinese e l’esecuzione nel carcere russo, viene attraversato da un protagonista molto bravo nel flettere gli addominali, sempre di corsa e molto corrucciato, ma si perde nel ricucire le fila della trama, tra incantesimi e maledizioni familiari, superpoteri e pozioni, mafia russa e connivenza economica. Poco convinta del materiale, la produzione sembra avere sabotato le intenzioni di Chandor, autore altrove di un certo interesse (All Is Lost1981: Indagine a New York), con rielaborazioni grafiche poco curate, scene piene di errori (il safari iniziale), mentre il regista sembra voler portare il film verso una fisicità (come nei Bond di Craig) che qui emerge solo a tratti, sia negli sforzi di Kraven, che corre a piedi nudi dietro alle macchine e si arrampica senza ausili sui palazzi, sia nel fatto tutti i superpoteri provengono dalla alterazione dei corpi attraverso soluzione chimiche o mistiche.

In effetti la trasformazione del fisico, con le sue nefaste conseguenze e responsabilità, costituisce il nesso principe tra Spiderman e i suoi antagonisti, nemesi somiglianti nel ritrovarsi cangianti e potenti, opposte nel veicolare le acquisite doti verso intenti egoistici o altruistici. Venendo meno il referente comparativo, il senso dei film dello Spiderverse si smarrisce in pellicole d’azione che si inseriscono confusamente nel filone supereroistico senza senso né destinazione, tra la trilogia sconclusionata di Venom o la tetra sofferenza vampiresca solipsistica di Morbius, così come la farsa da teen-drama in vacanza di logica di Madame Web e dello stesso Cacciatore con i suoi compagni d’avventura, tutti costretti a fare i conti con un corpo che cambia e con il suo inserimento ai margini della società verso una nuova logica di convivenza.

Privi del contrappeso dell’eroe buono, tutti questi film si limitano a definire contesti divergenti per personaggi smarriti ma non cercano mai di rielaborare il concetto di supereroe, travolti dall’azione per riempire il minutaggio e, soprattutto, rimangono tristemente privi di direzione nel concepire un senso di regia nel progetto, sia del singolo film che complessivo, sprecando un intero immaginario.

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