mercoledì 28 marzo 2007

Madagascar di Eric Darnell e Tom McGrath

L'animazione computerizzata è ormai superiore a quella tradizionale e ha finalmente bandito l'aspetto da commedia musicale (i "vecchi" cartoni Disney) per dedicarsi alla cura della sceneggiatura e all'efficacia comica degli effetti e dei contenuti. A volte è difficile capire dal solo film a quale scuderia appartenga: Pixar punta forse maggiormente su un aspetto favolistico e atemporale, mentre le pellicole Dreamworks sembrano differenziarsi per una stratificazione di rimandi che permetta una fruizione più mediata dello spettacolo, al fine di renderne la visione "adatta anche ad un pubblico adulto" che possa coglierne i riferimenti (per lo più pop e comunque molto ben in evidenza) al di là del puro intrattenimento offerto dal livello principale, strategia già collaudata in Z la formica, nei due Shrek, o in Shark tale. In ogni caso rimane comunque altissimo il livello qualitativo e impressionante la resa dell'animazione.
Madagascar, produzione Dreamworks, non si dissocia da questa tendenza, con strizzatine d'occhio a temi musicali ben noti, la sottolineata riconoscibilità di attori famosi nel ruolo di doppiatori con il costante riferimento alle tipologie dei personaggi da loro solitamente interpretati. Il tutto in uno spettacolo godibilissimo, divertente e non banale.
Alcuni degli animali antropomorfizzati (i pinguini, la zebra) di questo cartone digitale sognano di fuggire dallo zoo di Manhattan che gli ospita, mentre gli altri vivono benissimo la placida cattività imposta dai "sapiens". A seguito di una fallita evasione e per l'intervento di un dirottamento da parte degli esagitati pinguini, il leone, l'ippopotamo, la giraffa e la zebra approdano in Madagascar. Sull'incontaminata isola gli uomini sembrano non esistere (se non come scheletri residui di un incidente aereo), e i lemuri residenti vivono una costante festa simil-Ibiza.
I tre reduci urbani sono però ben presto costretti al confronto con le vere leggi della natura, la sopravvivenza non essendo garantita dalla tutela umana. Le caratteristiche individuali (l'aggressività famelica del leone, non a caso "Re" nell'accezione disneyana) vengono allo scoperto e, automaticamente, ghettizzano la comunità differenziando chi è carnivoro da chi è preda, cancellando la parità e complicità che l'imprigionamento piacevolmente coatto del bioparco creava. Madagascar si svolge infatti tra due luoghi di uguale simbolica importanza, New York e l'isola esotica del titolo. Se Manhattan, con il suo zoo e altri luoghi riconoscibilissimi, è il mondo concreto e tangibile, Madagascar rappresenta l'astrazione della natura, festiva o ferina, il luogo del sogno o, in seguito, degli incubi per gli animali in trasferta. Abbandonata forzatamente New York, luogo dell'immaginario "sapiens", gli animali liberati controvoglia dalla loro ovattata cattività approdano su un'isola apparentemente vergine dalla mano umana, territorio, nell'immaginario collettivo animale, di ambita e utopica libertà. Ma l'adeguamento alla concretissima legge della giungla fa emergere il lato sgradevole del miraggio facendo venire meno quella "multietnica" tolleranza che sedava, nella convivenza amichevole, le pulsioni istintive. Gli animali sono quindi costretti ad una rilettura del "sogno" e ad adattarlo alle esigenze concrete, a cercare un'inedita possibilità di coabitazione tra specie diverse.
Al riferimento a New York, paradiso perduto per gli animali inurbati, si affianca la visione idiallaca di una Madagascar ancora innocente e aperta a tutte le possibilità, che inizialmente stride con la verità della natura animale. Ma, dopo l'iniziale disillusione, rimane comunque un posto dov'è possibile "ricominciare" a stare insieme, in una comunità composta da entità diverse. Questi due poli geografici, uniti tematicamente, traducono in termini cartooneschi il sogno americano, e l'isola esotica diventa il riflesso, parallelo e "naturalistico", ironico e vagamente retorico, dell'isola di Manhattan.

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