In Sangue, esordio da regista, Libero De Rienzo imbriglia una materia magmaticamente soggettiva nella classica tripartizione in atti. L'iniziale ossessione corporale, radicale per forma e tema, si fa denuncia di una malattia terminale del corpo fisico (sempre imperfetto), poi familiare, sociale, istituzionale. Il film aggredisce con esasperazione visiva, ma la percezione lisergica muta in cruda lucidità e pacatezza stilistica; il frustrato bisogno di libertà, l'amour fou dei due fratelli diventano fuga disperata dalla paura soffocante, dalla violenza implicita in ogni rapporto e grado sociale, sfociano nel nichilismo esplosivo di una sola rabbiosa certezza: "la morte non esiste" (lo dice in un cammeo il regista); e il suo buio accogliente rimane l'unica efficace, esemplare uscita di scena.
sabato 24 marzo 2007
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