È
soprattutto una storia d’amore quella che, con attenzione e dignità, racconta
Jeff Nichols in Loving, la storia di
un matrimonio misto nella Virginia degli Anni 60, quando, altrove, i diritti si facevano largo mentre in quello Stato la giustizia
amministrava quella che ritenevano essere la parola di Dio sulla non mescolanza
delle razze. È un film educato e profondo, a dispetto della sua apparente
semplicità, costruito sulla recitazione introspettiva di Ruth Nigga, delicata e
sfumata (e meritatamente candidata agli Oscar), e su quella più fisica e
corporale di Joel Edgerton, entrambi con il tono di voce sommesso degli umili a
cui, incredibilmente, viene data la parola per la strana congiuntura dei tempi.
Nichols
gira ad altezza d’uomo e con una regia quasi trasparente, senza effetti, nemmeno
musicali, costruita attorno ai personaggi e agli attori che danno loro vita,
seguendone le vicissitudini senza l’epica della lotta per i diritti civili, a
loro estranea, e che li riguarda soltanto per i riverberi che hanno sulla loro
quotidianità, su un’armonia incrinata da un’incomprensibile ingiustizia. Se
fuori campo la società avanza, i Kennedy e i Luther King alzano la voce prima
di soccombere alle pallottole, e i diritti si espandono, i due protagonisti
rimangono spettatori di una rivoluzione che si svolge e scoppia altrove,
rimbalza sui teleschermi ma si manifesta altresì quando una donna, anche nera,
prende il volante e la guida della famiglia. Pronti ad accettare proni la
legge, eppure a cercare di raddrizzarne le storture a costo dell’illegalità, ai
Loving basterebbe trovare una parvenza di normalità e di felicità nella convivenza,
pur nella tensione di doversi occultare in uno stato che non accetta la
coabitazione né, tantomeno, il matrimonio tra bianchi e neri.
Ma
è Mildred a cercare una soluzione che non sia la sola clandestinità dei
sentimenti e della famiglia, a intravedere la speranza nella legge, anche se
dei bianchi e della lontana e quasi incomprensibile Corte Suprema, a scrivere a
Bob Kennedy per sognare effettivamente qualcosa di diverso e di meglio,
maggiormente in sintonia con quei tempi che, dopotutto, stanno cambiando.
Massiccio
e roccioso come la sua recitazione, Richard Loving abbraccia del proprio amore
la donna che ha scelto per la vita e la famiglia per il cui sostentamento lavora,
refrattario ad ogni intervento che procrastini nell’incertezza la concretezza
dell’esistenza e della serenità, tanto che il suo unico argomento, al di la di
ogni accezione legale e ingarbugliato comma, è la veridicità di un amore, la
semplicità di un sentimento complicato solo dalle leggi di altri uomini.
E,
come, lui, il film è orizzontale e lineare, procede sullo scorrere del tempo ma
si incide nelle emozioni che suscitano gesti e parole dei protagonisti, o il
solo sussurro e l’inarcare di sopracciglia. La verità, pur recitata, emerge
nelle sfumature di una vita immortalata da fotografie e da un documentario che
hanno dato il materiale grezzo per un film intimo nella sostanza e collettivo
solo sullo sfondo, che racconta un paese dentro una famiglia e non si perde
nelle secche del biopic esemplare e
più istituzionale, nel dover raccontare il passare degli anni solo nei loro
momenti più significativi ed emblematici. Loving
rimane concreto come il suo protagonista, la cui qualità più importante, a
detta della moglie, è la costanza, di essersi preso cura di lei e della
famiglia, anche a dispetto della legge e delle rispettive origini, degli
intricati e opposti razzismi che li volevano separare o nemmeno li concepivano
insieme.
Ed
è anche un film perfettamente in linea con la filmografia di Nichols, tutta
centrata sulla famiglia, sulla sua tenuta imperterrita, su un amore imperituro
e implacabile che si mantiene saldo a dispetto delle convenienze e delle
convenzioni, alimentato da un’idea fissa che diventa ossessione per chi
osserva, inconcepibile o indicibile per gli altri ma perfettamente logica
espressione della responsabilità familiare per i protagonisti, unica
rappresentazione quasi plastica del proprio affetto. Così l’operaio rurale che
si scava un bunker in attesa di un imminente apocalisse di cui nessuno altro ha
sentore (Take Shelter) si inimica
tutti, il padre di un ragazzo dai poteri sovrannaturali (Midnight Special) percorre di nascosto il paese per non consegnare
il figlio a qualsiasi autorità, religiosa o governativa, oppure un ricercato
esce dal suo nascondiglio sicuro per ritrovare l’amata, al costo di una
sanguinosa e inevitabile faida familiare (Mud).
Perché le loro ragioni hanno, in fondo, una motivazione, imperscrutabile quanto
precisa, personale e apparentemente incomprensibile, ma ferrea e indiscutibile:
l’affetto prevale sempre, sulla logica diffusa e sulla legge degli uomini, ed è
ad esse cieco quanto, in essenza, per i protagonisti, perfettamente avveduto.
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